Col di Pagnan

IL NOSTRO INTENTO

Analizzeremo le montagne che abbiamo di fronte dal punto di vista geologico e geomorfologico per intuire quali sono i motivi di un paesaggio così caratteristico. Caleremo la narrazione geologica in una prospettiva buzzatiana cercando di cogliere cosa dello sguardo di Dino Buzzati avesse consonanza con quello che è uno sguardo geologico al paesaggio.

LETTURA GEOLOGICA DEL PAESAGGIO BUZZATIANO

Leggendo Buzzati non si può che rimanere rapiti dalle descrizioni che dipinge con le parole quando volge lo sguardo o il ricordo alle sue montagne. Anche il geologo osserva in modo simile, come si fa quando si vuole disegnare un paesaggio, ricostruisce particolari e tracce che ai più non sono evidenti e compone varie scenari non più esistenti, come si può fare solo usando una fervida immaginazione.
Si dice che Buzzati amò le montagne come gli esseri umani e che le sognò tutte le notti della sua vita. Buzzati parla spesso di “crode” (le rocce) come il geologo, è ossessionato dal tempo e dallo spazio come il geologo, continua a descrivere ed osservare le varietà di forme, i contrasti cromatici e i limiti dei corpi come il geologo. Negli scritti di Buzzati non è raro incappare in considerazioni profonde che animano un rispetto ancestrale per la montagna, così fissamente immersa nella sua immensa vecchiezza, nei suoi ritmi e nei suoi respiri. Buzzati ha uno sguardo attento e poetico e spesso questo sguardo ha tratti geologici.

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L'ORIZZONTE CHE ABBIAMO DAVANTI E' UN INSIEME DI RILIEVI CARI A BUZZATI CHE DI FATTO COINCIDONO CON PASSAGGI IMPORTANTI DELLA SUA VITA

Buzzati fu stregato dal Monte Pizzocco di cui conquistò la cima nella sua prima scalata fatta a 15 anni con il fratello e un cacciatore di San Gregorio. Nel corso della vita, al di là delle Vette Feltrine incontrò le Pale di San Martino, dove per decenni si cimentò in ardite ascese e lunghi attraversamenti.

Da giovane Buzzati risiedette a Maràs (Sospirolo) ai piedi del particolare Monte Sperone (esiste un sentiero a lui intitolato che vi porta in cima) e da qui contemplò i Monti del Sole che tanto lo rapivano per la loro tormentata bellezza. Conobbe la Valle del Mis ed attraversò molte volte la Valle del Cordevole per raggiungere le montagne dell’Agordino.

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Per tutta la vita fu attratto dal Gruppo della Schiara che fin da bambino osservava nelle sue cangianti vesti stagionali dal giardino della sua casa.

Da qui vediamo le montagne bellunesi partendo dalle Vette Feltrine, passando per il Gruppo del Cimonega, il Monte Pizzocco, i Monti del Sole, il Burel, la Schiara, il Pelf per arrivare fino al Serva. Sono montagne tutte inserite nel Sistema 3 Dolomiti UNESCO (sito seriale di tipo naturale composto da 9 sistemi o gruppi di montagne). Siamo sul limite meridionale del territorio dolomitico, ce lo dicono le forme di alcune delle nostre montagne, quasi tutte con profili di vetta morbidi e smussati con ampie praterie sommitali e un grande dislivello fra le cime e il fondovalle. Solo alcune hanno profili rocciosi tipicamente dolomitici e sono il Sass de Mura, il Pizzocco, i Feruch, il Burel e la Schiara con il Pelf. Queste si stagliano improvvise ad introdurre quanto si trova a Nord e a Nord Ovest: le Dolomiti. Le montagne della Valbelluna e le loro fasce pedemontane sono caratterizzate da un mosaico paesaggistico fatto di spazi in connessione fra loro che si possono ancora seguire con lo sguardo e che collegano i fondovalle e le cime. Osservando attentamente si possono ancora intravedere i segni di antiche frequentazioni spesso legate ai lavori della montagna (agricoltura, recupero legname e materiali litici, svolgimento della fienagione, sfruttamento delle malghe di alta quota) che rendono questo paesaggio vivo.

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Le rocce che compongono la fila di montagne che abbiamo di fronte hanno età diverse, alcune appartengono al Triassico Superiore, circa 220 milioni di anni fa (Dolomia Principale), la maggior parte sono rocce giurassiche e cretaciche (fra i 200 e i 65 milioni di anni) i cui componenti vennero deposti in antichi mari che furono prima poco profondi e, poi, destinati a raggiungere profondità oceaniche. Inoltre, queste rocce sono state interessate da successivi piegamenti di larga scala legati a strutture e faglie sviluppatesi durante l’orogenesi alpina (compressione fra Africa e Europa). Alla base di queste montagne le rocce sono tagliate da una frattura (Linea di Belluno) che si sviluppa nella crosta (faglia), il suo piano di taglio, che risulta orientato in direzione circa est-ovest ed immerge verso nord, ha ospitato il sovrascorrimento delle parti a nord su quelle a sud. In queste montagne quindi si è potuta sviluppare una grande piega che va dal Monte Coppolo (Lamon) fino alla zona della Schiara e del Pelf, chiamata Anticlinale Coppolo-Pelf.

In pratica di fronte a noi abbiamo un’onda pietrificata che ha risalito le Alpi partendo dalle profondità dell’oceano giurassico. La materia di cui è fatta quest’onda non è l’acqua ma la roccia, o meglio diversi tipi di rocce calcareo-dolomitiche che oggi formano un’enorme increspatura. Un’enorme piega che si sviluppa nelle rocce giurassiche e cretaciche. Ce ne renderemmo conto con maggior facilità se fossimo all’imbocco della Val Cordevole osservando la struttura delle montagne lateralmente, oppure osservando più da vicino l’andamento delle Vette Feltrine. La piega da alcune parti della Valbelluna risulta evidente, qui purtroppo la prospettiva non ci viene incontro in quanto è proprio la piega a venirci incontro.

LISTEN Onda oceanica:


E’ affascinante che i materiali deposti milioni di anni fa in antichissimi mari siano stati strappati dalle profondità oceaniche per venir ripiegati durante l’orogenesi alpina simulando proprio un’onda ora che sono diventati roccia.

LE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE

Le Dolomiti sono entrate nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 2009 come sito naturale per i criteri VII (bellezza del paesaggio) e VIII (aspetti geologici e geomorfologici). Le Dolomiti UNESCO sono un sito seriale composto da 9 Sistemi (gruppi montuosi associati).

VALORI UNIVERSALI GEOLOGICI E PAESAGGISTICI:

Non è dell’uomo vivere orizzontalmente
Dino Buzzati

Alle Montagne che abbiamo di fronte si possono in tal senso riferire i seguenti valori:

1) Valori stratigrafici – dal Triassico superiore al Cretacico


Le Vette Feltrine con il Gruppo del Cimonega i Monti del Sole, il gruppo della Schiara ed il Pelf rappresentano un’area di grande importanza dal punto di vista stratigrafico in riferimento al Sistema 3 delle Dolomiti UNESCO. Queste montagne sono infatti costituite da rocce che raccontano con grande dettaglio dell’evoluzione triassica, giurassica e cretacica di questa parte di Dolomiti (da 220 a 65 milioni di anni fa circa).

Nel panorama dolomitico non sono molti i luoghi dove affiorano queste rocce e, qui, è possibile ricostruire perfettamente i paleoambienti che ne hanno visto la genesi. Per intuire i contesti paleoambientali che videro il formarsi delle rocce di queste montagne è necessario immergersi nel tempo profondo, facendosi aiutare dalla seguente illustrazione animata che rappresenta un intervallo durato circa 130 milioni di anni e che descrive l’evoluzione degli ambienti che ospitarono i sedimenti ora diventati rocce.

Come si intuisce dall’animazione, all’inizio del Giurassico si assiste alla frammentazione di un fondale marino poco profondo ed omogeneo. Noi se capaci di viaggiare nel tempo ci ritroveremo ai margini di un plateau in parte emerso e in parte sommerso da un mare tropicale, chiamato Piattaforma di Trento che a causa della progressiva apertura dell’oceano Atlantico, in alcune sue parti venne a sprofondare e quindi a trovarsi in condizioni via via sempre più abissali (Bacino di Belluno).

Questo contesto creò spazio per l’accumulo di diversi tipi di sedimenti che ora sono le rocce che vediamo in sequenza dalle Vette Feltrine fino al Pelf.

La Schiara e il Pelf risultano avere un carattere particolare tanto da meritare le attenzioni dei geologi nei secoli. Per le rocce di queste montagne si fanno delle distinzioni che hanno del tutto carattere locale. Esiste infatti in letteratura la Dolomia della Schiara, la Breccia del Pelf, le Brecce del Marmòl che prendono i loro nomi proprio da questi luoghi e che sono di fatto frutto della transizione di ambienti diversi al bordo del margine della piattaforma Trentina, un margine subacqueo in disfacimento.

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QUANTO TEMPO IN POCO SPAZIO:

Un lunghissimo periodo di tempo che vide le parti del pianeta che ora sono diventate le Dolomiti, trasformarsi da un’estesa pianura al pelo dell’acqua (piana di marea o piana tidale – DPR, Dolomia Principale) a una zona in sprofondamento differenziale dovuta all’apertura dell’oceano atlantico. Questi passaggi fecero sì che il fondale si spezzasse introducendo dei margini che si affacciavano all’abisso. Un margine di un’estesa piattaforma prima al pelo dell’acqua e poi progressivamente sprofondata in un braccio di oceano. Uno sprofondamento progressivo che sul margine della piattaforma, chiamata Piattaforma di Trento, si manifestava in una serie di ambienti che prendevano i propri contorni su una struttura scalinata via via sempre più profonda nella direzione dell’antico Bacino di Belluno.

“Il tempo meraviglioso che s’ingrandisce d’ora in ora, inghiottendo senza pausa la vita, e accumula con pazienza gli anni, diventando sempre più immenso.”
da "Il segreto del bosco vecchio" di Dino Buzzati

La suggestione si palesa nella dimensione del TEMPO. Quanto tempo in poco spazio! Queste rocce costituiscono un fronte maestoso dal nostro punto di vista sia per quanto riguarda la dimensione dei rilievi e la loro capacità di stagliarsi improvvisi, che per l’effettiva enormità di anni (centinaia di milioni) rappresentati dagli spessori delle diverse rocce affioranti qui.

Le rocce che vediamo appartengono a diverse formazioni rocciose che semplificando elenchiamo di seguito.Dolomia Principale (DP); Dolomia della Schiara (DDS), Formazione di Soverzene (SOV) e Membro della Schiara (SOV2), Calcari Grigi (CG), Formazione di Igne (IGN), Calcare del Vajont (OOV), Formazione di Fonzaso (FOZ), Rosso Ammonitico (RAS e RAI), Maiolica (MAI), Scaglia Rossa (SAA).

Con lo sguardo posato su queste rocce andremo a compiere un viaggio nel tempo di circa 155 Milioni di anni.

2) Valori paleontologici – illustri ammoniti e spugne

Delle montagne che vediamo da Poggio Pagnan le più occidentali Vette Feltrine nascondono dei tesori geonaturalistici di tipo paleontologico. I fossili marini delle Vette Feltrine sono ben documentati fin dal XIX° secolo. Sono degni di nota i ritrovamenti di diversi tipi di ammoniti compiuti dal geologo feltrino Giorgio Dal Piaz soprattutto negli intervalli delle Encriniti Glauconitiche (Coston delle Vette e del Col de Fontana) e del Rosso Ammonitico (Busa delle Vette, Busa del Cavaren, Pavione e Pavionet). In epoche più recenti, nei Calcari Grigi delle Vette Feltrine sono state trovate anche delle importanti spugne fossili (sia calcaree che silicee). Sono fossili risultati unici nel loro genere in quanto, la loro scoperta ha permesso di colmare una lacuna di conoscenza sull’evoluzione dei poriferi di questi intervalli temporali (Sinemuriano, circa 199-190 milioni di anni fa). Queste spugne rappresentano un anello di congiunzione fra le specie osservate prima e dopo l’intervallo indagato. I poriferi delle Vette Feltrine sono i più antichi mai studiati nella letteratura “giurassica”.

3) Valori strutturali – la danza delle faglie

Le montagne che abbiamo di fronte si trovano comprese tra varie linee tettoniche di una certa importanza che tagliano le rocce creando piani immergenti in senso opposto ed una struttura inclusa fra essi, chiamata dai geologi “piega a scatola” o “pop-up”.

I profili geologici sotto riportati evidenziano la struttura di molte di queste montagne e permettono di comprendere quanto sopra esposto. Infatti, nella fascia pedemontana, si individua la Linea di Belluno (sovrascorrimento) e le montagne a partire da Ovest verso est risultano fortemente condizionate da questa presenza. Il Monte Pavione, il Sass de Mura, il Monte Pizzocco, il fronte dei Monti del Sole e il Gruppo della Schiara sono comprese fra grandi sovrascorrimenti, gli associati retroscorrimenti e faglie di vario genere che ne separano i corpi.

I sovrascorrimenti sono faglie a basso angolo, ossia piani di rottura nelle rocce dove gli sforzi collisionali fra le placche responsabili dell’innalzamento della catena alpina, si sono espressi facendo scorrere delle porzioni di roccia più antiche sopra rocce più giovani.

Va sottolineato infine, che a nord delle montagne in esame passa anche la Linea della Valsugana, un altro sovrascorrimento, più antico della Linea di Belluno, ma orientato allo stesso modo e considerato fra i più importanti delle Dolomiti.

Per quanto a livello regionale la Linea di Belluno sia meno impattante della Linea della Valsugana, a livello locale ha condizionato profondamente l’assetto delle montagne che stiamo guardando.

4) Valori morfologici – Buse, pareti, campanili, guglie e bastioni

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La parte sommitale della parte più occidentale delle montagne che vediamo (Vette Feltrine) è caratterizzata da particolari forme arrotondate e smussate, dove prendono corpo delle praterie d’alta quota di grandissimo valore naturalistico. Nel contesto dolomitico solitamente la parte alta delle montagne risulta verticale, mentre qui le verticalità si sviluppano per lo più nelle fasce basali e mediane. Questo è dovuto proprio alla particolare serie di rocce affiorante, che vede alla base la dura Dolomia Principale, seguita verso l’alto dai compatti banchi appartenenti ai Calcari Grigi. Subito sopra iniziano le sequenze di rocce abissali sopra introdotte (Rosso Ammonitico Inferiore, Formazione di Fonzaso, Rosso Ammonitico Superiore, Maiolica, Scaglia Rossa). Sono proprio i termini cretacei della Maiolica e della Scaglia Rossa a definire le cime e le dolci forme che le caratterizzano.

Ciò avviene per azione dell’erosione che agisce in modo diverso nelle diverse rocce, arrotondando o scavando conche in quelle più tenere. Le Vette presentano una serie di conche scavate durante l’ultima glaciazione (circa 20.000 anni fa) e definitivamente modellate in tempi più recenti; sono le Buse delle Vette. Ce ne sono diverse, tutte bellissime e al loro interno si conservano morfologie e depositi glaciali e periglaciali di rara bellezza. La dominanza di rocce calcaree in questi contesti ha portato anche allo sviluppo di importanti morfologie carsiche. Si riporta di seguito un’immagine interpretata della Busa delle Vette:

Anche in altre montagne le forme sono particolari e molto articolate e come negli esempi fin’ora riportati anche altrove la struttura geologica condiziona i modellamenti e nel paesaggio la bellezza finale. Le forme del Monte Sperone e dello Spiz Vedana sono fortemente condizionate dalla struttura tettonica che si realizza con un’enorme incurvatura negli strati di roccia che riesce a verticalizzare la stratificazione. Il Monte Sperone e lo Spiz Vedana, che nei nomi riportano l’indicazione di ospitare entrambi creste rocciose acuminate derivante proprio dalla presenza degli strati verticali, sono un esempio mirabile di morfologie strutturali.

Anche nel Gruppo della Schiara emergono morfologie di tutto rilievo.

Egli porta a sinistra, sulla spalla, un gingillo graziosissimo, un monolite di quaranta metri, che si chiama Gusella del Vescovà, ago del vescovo cioè.
Dino Buzzati

Una per tutte l’affascinante Gusella del Vescovà, un effimero residuo di roccia che sembra appunto un ago per finezza ed estensione, figlio di innumerevoli crolli che simboleggiano come la bellezza sia frutto di eventi conseguenti e che il destino di queste meravigliose montagne sia un lento, progressivo ed inesorabile smantellamento.

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