Incino 2

Sassi di mano in mano

Uno degli elementi dominanti in paese è dato dai sassi, accatastati gli uni sugli altri lungo le linee verticali nelle abitazioni e lungo linee orizzontali nei numerosi muretti a secco che bordano vie e terrazzamenti. Centinaia di migliaia di sassi, passati di mano in mano, cavati, trasportati, lavorati e messi in posa.

Grandi fatiche condivise e raffinate maestranze venivano spese per trattenere la terra da coltivare o per dare spazio e corpo alle abitazioni. In altre fasce del colle là dove c’erano i prati più adatti, sorgono molte casere, anch’esse di sasso, isolate e distaccate dal paese che venivano abitate solo in certi periodi dell’anno come utili appoggi funzionali all’attività dell’alpeggio.

Stretta relazione con le rocce

Girando nei boschi si ha la percezione della vicinanza della roccia su cui è stato fondato il paese. Esistono infatti numerosi affioramenti riferibili al Rosso Ammonitico, al Biancone (Maiolica) e alla Scaglia Rossa. Sono rocce molto diverse fra loro. Rosso Ammonitico e Biancone lasciano solitamente spazio allo sviluppo di piccole pareti e sono composte rispettivamente da calcari nodulari rossastri e da fini calcari stratificati di colore bianco con abbondante selce in noduli e livelli. La Scaglia Rossa invece è color rosso mattone ed è una marna, roccia sfatticcia che lascia spazio a morfologie addolcite e più raramente a piccole pareti. La sua predisposizione all’erosione fa sì che le parti sommitali dei rilievi sopra Incino siano arrotondate e spesso ammantate da prati adatti all’alpeggio anche se ora del tutto abbandonati. La disponibilità di queste rocce spesso fittamente stratificate caratterizzate dalla presenza di livelli più teneri ha permesso una certa facilità di reperimento di materiali per le costruzioni. Infatti le caratteristiche degli affioramenti sono tali da concedere un’agevole estrazione di lastre lavorabili.

Le rocce che costituiscono il substrato dove per secoli gli abitanti di queste frazioni hanno camminato e faticato risultano in qualche modo permeabili all’acqua in quanto fortemente fratturate e fagliate e perché composte da calcari capaci di favorire il fenomeno del carsismo. In base agli equilibri idrogeologici, le acque fuoriescono o percolano fra le fratture in un continuo comparire e scomparire che rende in qualche modo questa risorsa disponibile, ma difficile da raccogliere. L’ingegno dell’uomo fu da sempre orientato a comprendere le vie dell’acqua e a saperle convogliare per i vari usi comunque basilari per la sopravvivenza. In questo territorio le tracce in tal senso compaiono numerose ed evidenti (fontane, vasche di raccolta, canali, lavatoi).

L’estrazione delle pietre oggi è del tutto abbandonata ma alcune pareti rocciose sono ancora toccate da mani umane. Nello specifico alcuni affioramenti di Biancone presenti nelle vicinanze del paese risultano adatti alla pratica dell’arrampicata sportiva. Esiste infatti una palestra di roccia sotto Incino che approfitta proprio della stratificazione del Biancone che offre divertenti vie con abbondanti prese e placche.

Terrazzamenti

LISTEN Approfondimento sui terrazzi (paesaggio terrazzato):


Molti dei versanti delle montagne ricadenti nel comune di Arsiè sono in larga parte terrazzati. Nella zona di Incino sono presenti addirittura 60-70 muri consecutivi di elevata complessità tipologica e costruttiva. La principale caratteristica di Incino, sconosciuta ai più, è proprio la presenza diffusa di terrazzamenti, chiamati nel dialetto locale “vanede” (costruzioni di muri rigorosamente a secco), innalzati negli ultimi duecento anni per livellare un territorio fortemente scosceso e che sono serviti per avviare un’attività agricola, anche fiorente, in un luogo altrimenti impossibile. Questi terrazzamenti non erano mai opere isolate ma inserite in un contesto più ampio che coinvolgeva l’intera area destinata alla coltivazione, occupavano e occupano ancora tutto, o quasi tutto, il territorio circostante il paese. Infatti, appena usciti dalla Pala della Renga parte una fila di “vanede”, che senza discontinuità sale fino ai Prà. Esistono altre testimonianze di terrazzi in zona Casere, in località Martinati fino alla borgata dei Tanisoi.

Il terrazzamento è un complesso sistema con una struttura ben definita, fatta di stradine interpoderali, con percorsi di accesso dotati di scalini (scalèr) e numerosi pozzi e cisterne per la raccolta delle acque costruiti nelle vicinanze di valli e sorgenti. Inoltre i terrazzamenti sono affiancati da piccole costruzioni dette casere, casòt e nicchie, sempre costruiti con pietra a secco, che servivano come ricovero temporaneo di animali, riparo dalle intemperie e/o come deposito degli attrezzi agricoli. Le pietre utilizzate venivano estratte da piccole cave rinvenibili nelle vicinanze della “vaneda” oppure direttamente ottenute dallo spietramento del terreno. La lunghezza della “vaneda” variava in funzione della morfologia del terreno e la sua altezza da circa un metro fino ai tre metri. I resti di questa infrastruttura terrazzata diffusa sono ancora visibili anche se in stato di abbandono. Lo spopolamento della frazione iniziato a partire dagli anni Sessanta vede attualmente gli abitanti stabili ridotti a circa 20 unità. L’invecchiamento e la riduzione della popolazione hanno portato all’inevitabile degrado di molte opere murarie ed in alcuni casi al loro crollo. Malgrado l’incuria si registra comunque ancora una discreta tenuta dei terrazzamenti realizzati ad arte e spesso molto resistenti. Una interessante resistenza dei segni e delle tracce che dovrebbero essere elette a monumento della Memoria.