Anello della montagna di mezzo 2

CAVE STORICHE

Il sentiero passa nei pressi di due antiche cave (Perine e Pedescala, detta anche “Perinete” o “cava del Salmenega”) ormai dismesse. Entrambe le cave approfittavano di rocce calcaree appartenenti alla serie giurassica, formatesi oltre 150 milioni di anni fa quando questo territorio coincedeva con il fondale di un braccio di oceano. Le cave sono state utilizzate per ricavare materiali lapidei di pronto uso locale ma, in alcuni casi, anche per l’esportazione ed il commercio. Entrambe sono state attive prevalentemente dal 1600 fino ai primi del 900. Su Pedescala alcune fonti riportano un’attività accertata di epoca romana, quando le pietre da qui cavate andarono a comporre parte delle pavimentazioni romane rinvenute nella piazza antistante il duomo di Feltre.

LISTEN :


Busa di Pedescala (valle di S.Agapito)

Nel 1864 c’erano circa 20 operai specializzati attivi in questa cava che estraevano circa 200 metri cubi di materiale all’anno. La cava fu di proprietà della famiglia Tessaro e fu diretta da una donna, Maria Tessaro, che la condusse fino alla sua morte avvenuta nel 1913. Maria, madre di 8 figli e imprenditrice d'altri tempi, diede lavoro a una quindicina di scalpellini, 2 cavatori e 3 addetti al trasporto su carri (rigorosamente trainati da buoi). Dopo la sua morte la cava restò chiusa fino agli anni ’20 quando un figlio dell’imprenditrice (Ernesto Budel) la riattivò. Dopo la II° guerra mondiale la cava venne rilevata da due geometri (Fabris e Conz) che fondarono una nuova società per l’estrazione della pietra. Con queste pietre si costruirono elementi architettonici di pregio di molti palazzi feltrini, di case rurali e di abitazioni signorili sparse nella Valbelluna. Più recentemente le pietre di Pedescala vennero utilizzate per la costruzione di ponti, come a Busche (BL) e a Susegana (TV) e per alcune strutture della stazione dei treni di Montebelluna (TV).

Perina

Situata su una costa chiamata appunto La Perina questa cava fornì materiali per pavimentazioni, portali e coperture di numerose chiese, palazzi e ville del feltrino (fu impiegata anche nelle finiture della chiesa di Cesiomaggiore). Segnalata già nel 1666, fu di proprietà del maestro Vergerio della Regola di Cesio. Le lastre ricavabili dalla cava erano sottili (dai 2 ai 10 cm di spessore) e resistenti, ottime per pavimenti e coperture sommitali delle case (tetti in pietra). Le rocce appartenenti alla Formazione del Rosso Ammonitico sono ricche di fossili (ammonoidi) e presentano colorazioni rossicce e biancastre. Per questo a volte nelle pavimentazioni veniva assortita, alternando i due colori ed ottenendo fini associazioni cromatiche con elevata valenza estetica. Nel caso delle coperture, le lastre venivano lavorate producendo forme facilmente embricabili e puntando sulle lastre più fini per non gravare sulle strutture portanti delle abitazioni o sulle armature dei tetti. La pietra fu utilizzata anche per le coperture del celebre tempio Canova a Possagno (TV) e dei campanili della chiesa di Agordo, spiccando per qualità, lavorabilità, leggerezza. Il materiale estratto da questa cava presenta ottime caratteristiche meccaniche e fisiche non venendo aggredito dall’acqua e dal gelo in virtù della sua compattezza e della quasi totale mancanza di fratture.

La chiesa di Sant'Agapito

La chiesa di Sant'Agapito sorge probabilmente su antichi insediamenti nella porzione mediana dell'omonima valle dove sono testimoniati ritrovamenti archeologici risalenti ad epoche pre romane. La struttura e gli spazi sono eleganti e le lavorazioni lapidee spiccano pe la bella fattura. E' stata mantenuta un importante inferriata che divide l’abside dal resto dello spazio interno. Sant’Agapito fu un giovanissimo martire, il cui culto fu qui importato dal centro Italia. Questa piccola ed arroccata chiesetta di montagna rappresenta l’unico esempio di luogo sacro intitolato a questo Santo in tutta la provincia di Belluno. Il giovanissimo Agapito (“amabile”) di solo 15 anni venne torturato e flagellato, venne poi gettato in pasto ai leoni che però non lo attaccarono. Solo la decapitazione mise fine alle sue sofferenze rendendolo definitivamente martire. Venne quindi “rispettato” dalle belve e da allora nella credenza popolare è protettore degli animali. Nella Valle di Sant'Agapito leggenda e religione si fondono generando la credenza che il Santo fosse anche in grado di proteggere dal famigerato “Badalìs” che risiedeva sul Monte Tre Pietre.

In Valle di Sant’Agapito si annovera la presenza del mitico basilisco o Badalìs, chimerica creatura, incrocio tra un serpente e un uccello, dallo sguardo ipnotico. Si dice che il Badalìs poteva ucciderti solo guardandoti fisso negli occhi. Sono molte le testimonianze orali di persone che dicono di averlo visto. Chi veniva guardato dal Badalìs veniva evitato dalla gente che lo emarginava in quanto ritenuto maledetto.

LISTEN lavorazione della pietra in cava:


Nella chiesa ci sono segni della guerra con fori di mitraglia tedesca sull’icona raffigurante la Madonna con bambino, S. Agapito e S. Antonio Abate. I due santi raffigurati sono entrambi protettori degli animali da pascolo e dei raccolti. La valle di Sant’Agapito in passato era molto frequentata perché luogo ottimale per il pascolo di capre, pecore e pochi bovini, per il taglio del foraggio e per il reperimento di altre risorse (legno, acqua e pietre).
Si narra che il luogo prescelto dalla comunità per la costruzione della chiesetta fosse in origine un altro (località Cesura) e che uno strano fenomeno ripetutosi nel tempo spinse la comunità a costruire nell’attuale definitiva posizione. Infatti alcuni imperterriti corvi spostavano di continuo le pietre in posa dalla Cesura fino al ripiano dove poi si decise di costruire. I corvi vennero “ascoltati” come emissari del Santo.