Pedavena 2

RESISTENZA

Si resistette per passione per la vita, per la negazione di un modello imposto fatto di illusioni e distacco dalla realtà e dato dall’applicazione del dominio, della violenza e del concetto di superiorità nelle questioni umane. Intere generazioni nacquero e crebbero sotto il regime fascista che prevedeva una propaganda unilaterale sistematica fatta di manipolazione dell'informazione e di esaltazione della figura del Duce che non lasciava spazio ad alternative. Fin da giovani si veniva orientati a credere ciecamente nel sogno imperiale, nello Stato come valore assoluto e nella superiorità razziale. Nonostante questo in molti fu vivo il disappunto rafforzato dallo sviluppo degli eventi storici che, sempre più nettamente, metteva in evidenza l'ingiustizia e l'assurdità determinate dalla guerra. La necessità di un'alternativa seppe sfociare in opposizione organizzata e gli echi di azioni coraggiose che si opponevano al regime in varie parti d'Italia arrivò anche fra le nostre valli, inducendo molte persone ad abbracciare la Resistenza.

Si resistette per dovere etico, per non assecondare in nessun modo un mondo ormai palesemente ingiusto e capace di generare solo dinamiche di morte. Si resistette entrando in azione, assumendosi rischi enormi che non lasciavano spazio a semplici ramanzine o ammende ma solo ad altissimi tributi. Chi si opponeva era segnalato, braccato, ricercato e infine perseguitato o ucciso. Si resistette cadendo in clandestinità e sprofondando nel buio della mancanza degli affetti personali e delle relazioni normali. Comunque si resistette, anche a fronte di vituperate violenze che spesso arrivavano a contemplare esecuzioni sommarie e truci esposizioni dei cadaveri a fini intimidatori. Si resistette interpretando la montagna in modo diverso e i diversi distretti del territorio abitati dalle truppe partigiane divennero via via luoghi connessi idealmente fra loro, uniti dal desiderio di difendere e ristabilire la libertà. La montagna divenne luogo dove barricarsi per resistere, dove concepire e diffondere un nuovo modo di interpretare il mondo. La Resistenza fu fatta anche vivendo uno stretto confronto fra stranieri e italiani impegnati contestualmente nella lotta di liberazione dell'Italia. Non mancarono le derive e vennero commesse ingiustizie anche da parte partigiana, dato che inevitabilmente la violenza genera violenza e la guerra produce disorientamento e disperazione. La Resistenza comunque introdusse un cambiamento di prospettiva che rimase vivo nelle generazioni successive. Quest'eredità va reinterpretata e rinnovata rendendola contemporanea nel presente al fine di continuare a costruire un mondo più equo e giusto anche di fronte alle sfide attuali.

PEDAVENA RESISTENTE

In questi luoghi posti fra la città di Feltre e le alture delle Vette occupate dalle truppe partigiane molte persone abbracciarono la Resistenza assumendo il ruolo di informatori e di staffette per il supporto logistico alle azioni di copertura e attacco delle brigate. La Resistenza entrò nella vita delle persone e tutti subirono la recrudescenza della pressione nazifascista che sempre più spesso si manifestava attraverso spietati rastrellamenti, esecuzioni, violenza fisica e psicologica. Ripercorriamo i passi di questa geografia della Resistenza locale scoprendo come vi fosse un sistema unico animato da diverse visioni ed appartenenze che in qualche modo univa la città di Feltre, le fasce pedemontane e le alture. Partendo da Feltre che si trovò al centro di importanti azioni partigiane e procedendo alla volta delle montagne, si incontra Farra, dove in località Cassie sorge Villa Bonsembiante. Qui la mattina del primo maggio 1945 avvenne un incontro tra alcuni rappresentanti dei vertici partigiani (Anto, Tizio, Josef, Oreste) ed un ufficiale dello stato maggiore della X° Armata Corazzata tedesca in ritirata. L’incontro si concluse con un nulla di fatto e con l’insediarsi di nuovi motivi di scontro. Si prosegue poi per Pedavena, e raggiunto il parcheggio della storica Birreria si attraversa una passerella sul Torrente Colmeda. Continuando sul marciapiede a destra della strada, si giunge in breve ad un cippo posto nel 1991 per ricordare due partigiani che qui trovarono la morte per impiccagione. Si tratta di Bruno Bordin “Verga” di Lamen e Zanolla Antonio “Grinta” di Seren del Grappa trucidati il 18 gennaio 1945. L’impiccagione avvenne per ritorsione ad un prelevamento di sale compiuto dai partigiani nella fabbrica della birra.

Si prosegue lungo il torrente Colmeda, attraversando un'altra passerella e raggiungendo l’Asilo infantile dove, sul muro esposto ad ovest, sono affisse le lapidi dei caduti delle due guerre mondiali. Fra queste trovano posto i nomi dei partigiani Nacinovi Antonio, Perotto Giuseppe, Bortolas Serio, De Bortoli Giordano, Zabot Anelio, Pellin Alessandro, Polloni Natale, Rozzi Lorenzo, Zuglian Carlo, Stefani Natale. Si prosegue verso la piazza dirigendosi a nord e giungendo alla scuola media, dove all’ingresso della piscina è posta una targa a ricordo di Pensiero e Giordano de Bortoli, deportati a Dachau e Mauthausen da dove non fecero più ritorno. Proseguendo per Sant’Osvaldo, si incontra la casa della famiglia Stefani con una lapide in ricordo del partigiano "Anto", comandante della Brigata Gramsci. Sono moltissimi i segni che parlano della Resistenza a Pedavena e che risuonano come perenni echi in rimbalzo fra le pareti di roccia e le acque del Colmeda. Proprio queste acque rumoreggiano alla fine del percorso che termina al parcheggio della Birreria. Anche questa fabbrica fu silenziosa testimone di queste vicende attraversando indenne tutte le travagliate fasi della II° Guerra Mondiale.
Volendo aggiungere un tassello al già ricco mosaico, si suggerisce di riprendere l'auto e procedere dal parcheggio della Birreria fino a Norcen. La strada oltre il paese continua per Valduna, Valerna, Paradisi, fino a intersecare il sentiero CAI 801. Da qui a piedi si giunge alla località Boscaie dove il 9 agosto 1944 alla Palazzina Bellati avvenne uno scontro tra soldati tedeschi e una squadra di partigiani della Brigata Gramsci comandati da "Anto". Qui il percorso si raccorda col sentiero partigiano delle Vette e con il percorso dedicato alla Resistenza in Comune di Sovramonte.

Bill Tilman

Queste terre seppero essere partigiane nel periodo più buio e pericoloso della seconda guerra mondiale quando i repubblichini tentavano di favorire l’occupante nazista. Molte persone provenienti da luoghi diversi si organizzarono e si asserragliarono fra le montagne nel tentativo di resistere alle truppe nazifasciste. A rafforzare le truppe partigiane arrivarono non solo i bellunesi da varie parti del territorio, ma altri connazionali da altre parti d'Italia ed addirittura stranieri che condividevano gli stessi ideali. Una rete di relazioni ed intenti si esprimeva in modo sempre più convinto ed organizzato.

Harold William "Bill" Tilman arrivò fra le Prealpi venete appeso ad un paracadute il 31 agosto 1944. Era un soldato inglese che supportò la Resistenza partecipando alla Missione SIMIA con lo scopo di valutare e organizzare i lanci degli approvvigionamenti degli alleati, le possibili vie di fuga sulle montagne per i prigionieri e la latitanza per i piloti alleati abbattuti. Era qui per appoggiare la guerra partigiana, cioè per sconfiggere Hitler e Mussolini. Operò anche con le forze partigiane fra i monti bellunesi, nelle alte valli del Cordevole e di San Lucano, nell’altopiano di Cansiglio e fra le Vette Feltrine proprio con la Brigata Gramsci. Finita la guerra si dedicò a lunghe campagne d'esplorazione negli angoli più remoti dell'Asia. Pakistan, Xinjihang, Kirghizistan, Tibet, Karakorum e Nepal furono il teatro dei suoi incredibili viaggi. Più tardi passò alle esplorazioni in barca, tutte in luoghi particolarmente difficili: Patagonia, Antartide, Groenlandia, Pacifico meridionale, Africa, Isole Kerguelen, Isole Spitzbergen, Isola di Baffin. Scomparve in mare nel 1977, a quasi ottant'anni di età. A lui è dedicata l'"Alta Via Tilman", il sentiero del CAI che collega l'Altopiano di Asiago (VI) a Falcade (BL).